Renzi a Ventotene, Salvare Santo Stefano, un progetto per il recupero, la salvaguardia e la gestione del carcere borbonico
- Categoria: Arcipelago Ponziano
- Pubblicato Mercoledì, 27 Gennaio 2016 11:23
- Scritto da Comunicato stampa Sergio Monforte
Un progetto per il recupero, la salvaguardia e la gestione di Santo Stefano, in occasione della visita del premier Renzi a Ventotene
VENTOTENE - “Salvare il carcere borbonico di Santo Stefano, vuol dire tutelare un pezzo importante della storia nazionale ed un simbolo forte dei diritti civili negati agli uomini liberi”.
In un articolato studio, redatto qualche anno fa, da un gruppo di lavoro coordinato dall’ex assessore regionale Giovanni Hermanin, aggiornato ed integrato dal prof. Antonio Impagliazzo, sul recupero e la destinazione dell’ex carcere borbonico che ospitò esuli, patrioti e confinati, da Spaventola a Settembrini, da Pertini, a Spinelli e Terracini, vengono rinvigoriti i principi della moderna democrazia e dell’Europa dei popoli.
L’occasione è l’imminente visita a Ventotene del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il quale, accompagnato dal Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini e dal Governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, proprio nel trentennale della morte di Altiero Spinelli, dall’isola del “Manifesto”, lancerà un nuovo messaggio per un’Europa libera ed unita, che torni ad essere terra di speranza e di accoglienza e non quella dei banchieri e dei burocrati.
Non a caso, parlare di Ventotene significa, per forza di cose, allungare l’occhio su Santo Stefano e viceversa: due lembi di terra cinti dallo stesso mare e pregnanti di storia, di sofferenze e di valori ideali.
Se infatti Santo Stefano ed il suo carcere, al cui interno sono stati rinchiusi non solo ergastolani, ma uomini di straordinario spessore umano, culturale e civile, che hanno accettato con dignità l’umiliazione della carcerazione, per difendere la libertà di pensiero, rappresenta il “luogo simbolo” dei diritti negati ai cittadini ed ai popoli, Ventotene con il “Manifesto” di Spinelli, Rossi e Colorni non intende promuovere unicamente l’unità dei popoli verso un destino politico comune, ma rappresenta il luogo simbolo “degli uomini liberi”, costituendo, entrambe le isole, la testimonianza più concreta per i federalisti e per tutti i cittadini europei.
E dunque, un percorso comune, che trova in Ventotene e Santo Stefano una comune origine, non solo naturalistica, ma soprattutto ideale, costante germoglio di libertà e di speranza in un futuro migliore, sia per l’Italia, che per l’Europa.
Da qui, l’idea di integrare le due isole in un unico ambizioso progetto che contempli, oltre al resto, anche il tema dell’integrazione europea nel suo sviluppo storico, nella sua applicazione quotidiana e nelle sue possibili evoluzioni future, poichè, un piano organico di rivalutazione e rilancio delle due isole, anche dal punto di vista culturale e della ricerca, non può prescindere da quell’aspetto europeo che costituisce tanta parte della loro immagine.
Dichiarato, nel 2008, “monumento nazionale”, con Decreto del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e “patrimonio storico-artistico dell’Europa”, nel 2013, l’isolotto di Santo Stefano è unoscrigno di storiae diarchitetturaalcui interno possono trovare ospitalità diverse iniziative. Ogni futura destinazione d’uso richiede, tuttavia, uno studio profondo, saggio e rispettoso, che ne preservi l’impianto originario e non ne comprometta l’anima architettonica e spirituale, valorizzandone le proporzioni e mantenendo inalterata la sua intrinseca bellezza.
Proprio per questo, l’obiettivo dell’intervento, che sarà finanziato essenzialmente con fondi europei, attraverso il Mibact, così come anticipato dal premier Renzi, dovrà essere modulato in una serie di step che prevedano, innanzitutto, il consolidamento statico e la messa in sicurezza dell’intero complesso monumentale, con il miglioramento dei sentieri e degli accessi, il recupero dei depositi idrici minimi ed una prima dotazione elettrica; procedendo, quindi, al restauro conservativo della struttura ed infine, decidendone finalità ed uso, con la previsione di due sezioni basilari: quella di Santo Stefano, dedicata ad attività di documentazione e quella di Ventotene, finalizzata ad attività integrative e complementari.
In pratica, lo studio, nella prima sezione, prevede di destinare Santo Stefano a “Centro museale internazionale dei diritti dell’uomo”, ospitando un moderno museo dedicato alla sua storia e, più in generale, alla storia del sistema penitenziario, con la presenza di installazioni multimediali interattive che rievochino i principali aspetti della vita quotidiana all’interno del carcere, o tematiche particolari.
Unitamente al recupero di alcuni locali, come la cappella, le cucine, l’infermeria e gli alloggi delle guardie, la struttura dovrebbe, insomma, essere trasformata, almeno in parte, in un museo dotato di un allestimento stimolante, in grado di rivolgersi soprattutto ai giovani ed al mondo della scuola, con precise finalità didattiche e divulgative.
Progetti di questo tipo, del resto, sono già stati realizzati ed un esempio significativo è quello di Forte Belvedere in Lavarone (TN), una fortezza austro-ungarica risalente agli inizi del ‘900, gravemente danneggiata durante il primo conflitto mondiale e recentemente restaurata, in cui è stata allestita una suggestiva esposizione dedicata alla Grande guerra.
Nell’ambito del museo, uno spazio specifico dovrebbe essere poi dedicato al periodo del confino politico, sia a Ventotene, che a Ponza ed in tale prospettiva, sarebbe di particolare interesse il recupero dell’archivio dei relativi documenti, attualmente collocato presso l’Archivio di Stato di Latina, unitamente all’archivio del carcere di Santo Stefano, che, al momento della sua dismissione, è stato trasferito presso la casa circondariale di Cassino, dove risulta in stato di abbandono.
Nella seconda sezione, l’isola di Ventotene, dovrebbe fungere da coordinamento organizzativo e logistico per le diverse iniziative, con attività formative e di convegnistica su tematiche mirate, alla ricerca ed alla tutela dell’ambiente marino e terrestre che già dal 1999, è Area di tutele e di Riserva statale (marina e terrestre) e classificata, assieme alle altre isole pontine, Sito di importanza comunitaria e Zona di protezione speciale.
Per rendere più credibile ed attraente tale progetto, potrebbe risultare fondamentale offrire un forte incentivo, in termine di immagine, all’Unione Europea. Verificare cioè la possibilità, da parte del Governo italiano, limitatamente alle porzioni demaniali dell’isola di Santo Stefano, di proporre alla Commissione europea l’idea di trasformare tali aree in un “territorio dell’Unione Europea”, il primo su base permanente.
Potrebbe essere questo un atto di riconoscimento del ruolo svolto storicamente dalle due isole nel processo di integrazione europea ed un forte segnale della volontà dell’Italia di continuare ad essere un convinto sostenitore dell’Unione Europea.
Ovviamente, un progetto integrato come quello suggerito, vista la sua complessità, non può essere condotto con successo dagli enti locali interessati (Comune, Provincia, Regione o altri), sia per motivi finanziari che burocratici.
Il sostanziale fallimento di tutte le iniziative avviate in passato per il recupero di Santo Stefano dimostra l’assoluta necessità di ricercare un “coordinamento” nelle massime istituzioni del nostro Paese, in primo luogo, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Presidenza della Repubblica ed i Ministeri competenti (Beni ed Attività Culturali, Giustizia, Ambiente) e delle istituzioni dell’Unione Europea (Commissione e Parlamento).
La molteplicità di profili coinvolti - quello storico-architettonico, quello europeo, quello ambientale e naturalistico - e le considerevoli risorse economiche necessarie all’attuazione del progetto suggeriscono di considerare con favore l’istituzione di un organismo di diritto civile dotato di autonomia gestionale, quale una fondazione, nel cui patrimonio far confluire finanziamenti pubblici, privati e comunitari.
Si potrebbe ipotizzare, ad esempio, la creazione di una “fondazione di partecipazione”, un modello spesso utilizzato per favorire la collaborazione tra enti pubblici e soggetti diversi, dotato di una forte componente associativa ed aperto all’adesione successiva di più partecipanti.
Una “Fondazione pro-Santo Stefano”, dunque, per un’ottimale realizzazione degli obiettivi statutari, oltre alle più importanti istituzioni nazionali ed europee, alla Regione Lazio ed al Comune di Ventotene, dovrebbe comprendere altri soggetti, pubblici e privati, interessati alla salvaguardia dell’isola, dei suoi monumenti e dei valori culturali, sociali ed umani che essa esprime.